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2 August 2014

“Fisiologia clinica alla guida” di Aldo Ferrara: tutte le patologie nemiche in auto

Per gli automobilisti e per gli addetti ai lavori

“Questo volume serve a scongiurare alcuni possibili pericoli alla guida, se si è affetti da patologie croniche o se, in pieno benessere, si affronta un viaggio durante il quale avviene un evento drammatico come un malore improvviso. Mettere a rischio la propria e l’altrui vita spesso può dipendere da un limite molto sottile: la coscienza del rischio nel mettersi in viaggio quando non si sta bene, quando si assumono farmaci, quando c’è il possibile rischio di un malore di cui avvertiamo i prodromi. L’imponderabile resta tale ma il prevedibile va dimensionato nel suo giusto ruolo”. A parlare è Aldo Ferrara, professore di malattie cardiopolmonari dell’Università di Siena, e direttore dell’associazione Ego-Vai-Q (European Group On Vehicle Air Indoor). Che sta per pubblicare “Fisiologia clinica alla guida”,  350 pagine, 207 tra grafici e tabelle​, Editore Piccin, PD con numerosi altri autorevoli clinici e traumatologi.​

Un esempio? La cefalea (trattata nel volume dal prof. Nicola Mercuri, dell’Università Tor Vergata) La cefalea è la sensazione di dolore gravativo, localizzato in sede cranica o facciale. Il dolore, che di solito è un sintomo espressivo di una qualunque patologia (compressiva nel caso di tumori, infettiva, o degenerativa), spesso nel caso delle cefalee primarie rimane isolato, orfano e costituisce per sé “la malattia”. Chi soffre dimal di testa primitivo (a grappolo per la sua periodicità o muscolare-tensivo) non ha altri segnali morbosi. Il dolore diventa, dunque, proprio perché orfano di patologia che lo sostiene, “la malattia”. E al volante può essere letale per indurre ansia, irritazione e soprattutto perdita della percezione sensoriale.​

“La guida – illustra il professor Ferrara – è per sé una condizione così ricca di stimoli che chi soffre di cefalea dovrebbe astenersi dal mettersi al volante. Le stimolazioni sono acustiche, da stress e da posizione, se il collo non riposa bene sul poggiatesta. Quando l’attacco cefalgico colpisce alla guida, il dolore intenso può modificare bruscamente la capacità reflessogena del guidatore. La sua risposta non è ridotta bensì eccitata, iper-reattiva con conseguenze spesso fatali. La prima tentazione del cefalgico è innanzitutto quella di aumentare la velocità per arrivare prima a destinazione. La guida diventa sconnessa e priva di controllo. Spesso si associa fotofobia e lacrimazione che modificano la percettività visiva”.

Ma oltre alla cefalea, l’esempio più diffuso, vi sono altri malori, come la sindrome vagale, il vomito, la colica renale e patologie croniche come le artriti, l’insufficienza cardiaca a causare ​le premesse del crash. Dal volume, destinato ai medici specialisti ma anche ai 37 milioni di patentati, si evince che dai media arriva un messaggio ​erroneo che indica nell’alcol e nella droga le cause degli incidenti che invece risiedono in malori improvvisi, imprevedibili e patologie croniche che, se riacutizzate, possono limitare la performance del driver.

di Ezio Notte @ 17:05


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